Un incontro al buio – Un racconto del workshop NebbiaGialla 2012
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18 visualizzazioni - pubblicato il : 28-04-2012
Incipit: Il caffè dell’Angiolina
Racconto di Enrico Pellegata e Giovanni Ingrosso
Il caffè della signora Angiolina era davvero buono. Aveva un retrogusto indefinibile, come di nocciola. O di mandorla.
Glielo disse.
“Ma lo sa che il suo caffè è proprio particolare, Angiolina?”
“Eh sì, caro. Lo so, “ rispose lei, sorridendo, civettuola. “Però, anche se siamo vicini di casa da tanti anni non le posso dire che cosa ci metto dentro. E’ un segreto.”
“Eh, allora vuol dire che verrò sempre a berlo qui da lei…” disse lui sollevando la tazzina per fare cin cin col dito mignolo arricciato.
Stava quasi per congedarsi quando ricordò il motivo della visita.
“Signora Angiolina, ero venuto a dirle che ieri sera sono sceso in cantina per prendere una bottiglia di vino e ho mentre ero giù, ho sentito un rumore… Veniva dal fondo buio dello scantinato dove, pur sforzandomi e strizzando gli occhi, non riuscivo a vedere. Era come se qualcuno stesse piangendo sommessamente, mi sono avvicinato e quel singhiozzare è aumentato di intensità. Ho acceso un fiammifero che avevo con me… Sa io fumo la pipa .. e con quella debole luce mi sono avventurato tra gli scaffali, tra bottiglie coperte di polvere, e strani oggetti, irriconoscibili tanto erano ricoperti di ragnatele. Forse ricordi di famiglia?
“A un certo punto il lamento è cessato e un soffio improvviso ha spento il fiammifero, facendomi di nuovo precipitare nell’oscurità. Un rumore di passi lievi e affrettati e lo schianto di una bottiglia che si infrangeva la suolo, mi hanno fatto trasalire, poi è caduto il silenzio. Ho cercato un altro fiammifero, ma con grande disdetta, mi sono accorto di aver perso la scatola.
“Ho allungato la mano per sentire cosa ci fosse intorno a me e le dita hanno sfiorato una parete. Pareva di mattoni, e sembravano umidi. Il freddo di quella parete mi è sembrato che volesse entrarmi nelle ossa e in quel momento mi è parso come se qualcuno mi avesse toccato. Una specie di arcana musica ha cominciato a risuonarmi nella testa e, come se stessi sognando, mi sono ritrovato nella cantina della casa di mio nonno, vicino a Edimburgo, a rivivere un episodio dimenticato della mia infanzia.”
“Me lo vuole raccontare?” chiese gentilmente Angiolina.
“Certo“, rispose lui. “Alcuni amici mi avevano rinchiuso per scherzo in quel luogo, sul quale incombeva una fosca leggenda. Si diceva infatti che una ragazza vi si fosse suicidata, impiccandosi per la disperazione di esser stata abbandonata da un uomo che l’aveva messa incinta e poi era fuggito. Tutti in paese dicevano che il fantasma della sventurata continuava ad aleggiare in quel luogo maledetto”.
“E poi?” lo incalzò Angiolina.
“Poi ho riaperto di scatto gli occhi ed ero ancora al buio, ma ora provavo un sensazione ancora più spaventosa. Sentivo accanto a me una presenza dalla quale sembrava spirare una corrente gelida. In quel momento mmi sono sentito disperato e abbandonato… Come quella povera ragazza che si era suicidata nella cantina di mio nonno. A fatica sono riuscito a spiccicare qualche parola: ‘Chi.. sei.. fatti riconoscere ‘…”.
Angiolina era sbiancata, ma lui non se ne accorse e continuò a raccontare.
“Una voce remota , come un bisbiglio, mi ha risposto. ‘Sono Elizabeth.. giaccio qui sotto, vittima di un orrendo crimine, il mio corpo è nascosto dietro questa parete e voglio giustizia’.
Guardai la signora Angiolina che era impallidita.
“Ne sa qualche cosa, lei?” domandò con un tono insinuante.
Angelina deglutì a fatica:
“Ecco, veramente raccontavano i mei nonni che da queste parti abitasse una certa Elizabeth, un ragazza bellissima, che un giorno scomparve misteriosamente, e nessuno la vide più. Dicevano però che certe notti si sentivano lamenti che parevano provenire proprio dalla cantina… ma ecco, sa, …io ho sempre avuto una gran paura. Non scendo mai nello scantinato. Quella storia ha sempre pesato come un incubo sugli abitanti di questa casa, ma nessuno a mai osato indagare…”
La guardai diritta negli occhi e le dissi: ”Beh forse, invece adesso è venuto il momento di farlo.”
Categorie: NebbiaGialla, racconti, racconti workshop
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