umberto matino
foschi
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Quando viene a sapere che il suo amico Aldo gli ha lasciato in eredità la casa di montagna nella sperduta Val Leogra poco prima di impiccarsi ad una trave, Carlo non sa cosa pensare. Pochi giorni nella remota frazione di Contrada Brunelli, gli bastano però per innamorarsi della valle e stringere amicizia coi pochi abitanti del luogo, un pugno di vecchi bizzarri, quasi tutti imparentati fra loro. Ma la lettura del diario di Aldo, ritrovato per caso, lo coinvolgerà in una sequela di morti violente che affonda le radici nel passato, e che gli ultimi discendenti dei Cimbri continuano a uccidere.
Fortemente tributario del bellissimo i misteri di Alleghe, di Sergio Saviane (chi non lo conosce, lo legga!), qusto libretto non è neppure lontanamente allaltezza del modello, né riesce a sfruttare la suggestione offerta dalla copia di materiale storico ed etnografico a disposizione dell'autore. Così spreca malamente loccasione di esplorare il cuore oscuro di una civiltà montanara praticamente sconosciuta. Scritto in maniera peggio che dilettantesca, senza alcun ritmo, appesantito dalla ridondante duplicazione fra le avventure narrate in prima persona da Aldo e quelle di Carlo, rese in terza persona, senza un intreccio che vada oltre lideuzza iniziale, il libro si trascina stancamente fra pagine di diario del tutto prive di plausibilità, dialoghi di incredibile goffaggine e pedanti ricostruzioni storiche, per terminare in qualche modo quando lautore ha esaurito le poche idee a sua disposizione.
Il solo merito del libro (che sconta palesemente l'assenza di un editing degno di questo nome) è insomma la rivelazione di luoghi inquietanti e ignoti, quei mondi remoti e spaventosi che stanno dietro langolo di casa nostra, unItalia che la Grande Guerra ha cancellato dalla faccia della terra.
Libri di UMBERTO MATINO su MilanoNera
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Gent. Donatella Capizzi, ho letto la sua recensione al mio romanzo, sia nella versione estesa su Anobii, che in quella sintetica su Milano Nera, e le confesso che per qualche verso l�ho condivisa. Soprattutto quando Lei stigmatizza la mia scrittura dilettantesca: in effetti io sono un dilettante, e nel libro questa mia infamante condizione � dichiarata in ogni dove. E�enunciata nella biografia di quarta di copertina (due righe che informano solamente che faccio tutt�altro mestiere) ed � allusa nell�intero testo dove utilizzando note, citazioni e bibliografia ammetto, implicitamente, di non considerarmi uno �scrittore�: non credo cio� che mia scrittura riesca a trasformare in una forma letteraria autonoma le mie fonti storiche (come riesce, solo per far un esempio, uno come Eco.) Per tale motivo quel materiale viene sempre accuratamente (e un po� pallosamente…) indicato come fonte, riferimento, contributo. Il mio infatti � un giallo (o noir? o anche qualcos�altro che lei non ha assolutamente colto?) molto sui generis con note, fotografie, dizionario italo-cimbro, bibliografia. Diciamo quindi che, se non altro, sono un dilettante �onesto�, che non si mimetizza, che non atteggia e che d� segno di conoscere i propri limiti. Sono per� talmente �dilettante� che non mi chiudo alle critiche che mi vengono mosse: io infatti intendo risponderle. E Le spiego il perch�: pur con i miei limiti dilettanteschi io ho sempre creduto che qualsivoglia Donatella Capizzi che intenda stroncare, pubblicamente, un romanzo altrui, debba almeno avere lo scrupolo di essere precisa e documentata, e debba anche compiere una lettura n� superficiale, n� frettolosa, n� preconcetta. Mi sembra cio� necessario che il critico dimostri di aver cercato di �capire� il romanzo che intende recensire. Il critico insomma dovrebbe essere altrettanto onesto quanto lo � stato il �dilettante onesto� che ha scritto quel libro.
Non mi pare per� che questa sia una caratteristica del suo testo: nella prima riga della sua recensione afferma che uno dei due protagonisti (Aldo) si impicca ad una trave della propria casa. E� sbagliato: l�incipit del libro, la prima pagina (una pagina significativa perch� d� inizio, tono e senso all�intera narrazione e che spero lei abbia letto con attenzione � almeno quella! � una sola! � la prima! -) racconta a chiare dilettanti lettere :� (…) Quasi avesse sentito un richiamo, anche Rosetta Brunelli apparve sulla porta di casa e guard� verso il fontanile. Appeso alla tettoia che copriva la gran vasca, il corpo del dottore era perfettamente immobile, irrigidito dalla morte. Il volto era scuro ma composto, e la rugiada della notte gli aveva inzuppato i vestiti.�
Lei prosegue la recensione parlando del secondo protagonista (Carlo) ed afferma che � pochi giorni nella sperduta frazione di Contrada Brunelli gli bastano per� per innamorarsi della valle� E� sbagliato: Carlo non si innamora della valle, anzi � molto scettico sulle scelte del suo amico Aldo,( lui s� innamorato della valle). Il testo dice �La contrada tratteggiata da Aldo dava l�impressione di un posto tranquillo, per certi aspetti idilliaco e, rispetto ai gusti di Carlo, enormemente noioso.� E pi� avanti il testo dice �(…) a dire il vero, Carlo non si era mai trovato a suo agio in quel borgo prealpino, aveva sempre percepito un che di ostile e di sgradevole. Le case scalcinate, le viuzze pietrose, il fumo maleodorante dei camini, erano ben lungi dal suscitare in lui commoventi immagini d�antica vita agreste: scorgeva solo la durezza, di quella vita, l�austerit� e la miseria, la disperazione e l�ignoranza. Quelle travi di legno grigio e consunto dal tempo, quei coppi resi neri dai marciumi e dall�umidit�, gli ricordavano epoche dure ed infelici, quando gli abitanti di quei monti fuggivano altrove in cerca di lavoro e, perch� no, di sole e di tepore.(…)� e cos� via in moltissimi altri punti, che per brevit� le risparmio.
Proseguendo nella lettura della sua recensione (siamo sempre alle prime righe della versione “lunga” apparsa su Anobii…) lei afferma anche � (Carlo) scoprir� che fra quelle montagne i Cimbri sono una popolazione tutt�altro che estinta�. Anche qui lei non ha capito il testo del libro: nel romanzo infatti c�� la riscoperta dell�origine cimbra della popolazione insediata in tre valli (Agno, Leogra, Posina) che abitualmente vengono considerate �esterne� alle aree di insediamento cimbro (Lessinia, Asiago, Luserna). Ma nessuno parla di una estinzione dei cimbri… La sua affermazione � insensata perch� i �Cimbri� non si sono mai estinti, ci sono tuttora fior fiore di centri di cultura cimbra vivi e vegeti ed operanti nel vicentino, nel veronese e nel trentino, ci sono libri, riviste, festival cimbri ecc. E� evidente che la riscoperta delle radici cimbre della gente di quelle valli (sulla quale il libro si dilunga in �pedanti ricostruzioni storiche�) lei l�ha saltata a pi� pari nella sua lettura frettolosa del mio �libretto�, condannandosi a capire poco o nulla . Ma perch�, scusi, �libretto�? Il suo � un �diminutivo dispregiativo�? Poteva almeno concedermi un �libraccio� e cos� almeno rispettava, quantitativamente, la fatica occorsa per scriverlo!
I suoi tre errori in quattro righe fanno sorgere dei dubbi sulla qualit� della sua �lettura�, sul suo preconcetto e la sua superficialit�. Ovviamente essi sono anche la riconferma del mio dilettantismo, e la riprova che la mia scrittura � cos� schifosa da farle capire nulla. Ma proseguiamo: ci� che mi sembra veramente stupido (l�aggettivo si riferisce alla recensione, non a lei, perch� non mi permetterei.)nella sua recensione � la considerazione che il sottoscritto �non riesce a sfruttare la suggestione offerta dalla copia di materiale storico ed etnografico a sua disposizione�. A sua disposizione?! Lei crede che io abbia premuto un magico tasto e mi sia apparsa �la copia di materiale�? Lei pensa che nella sua forma letteraria originaria quel materiale fosse �suggestivo�? Mi son fatto un mazzo cos� a raccogliere tutte le necessarie informazioni, a connetterle fra loro in modo nuovo ed originale, a riscriverle rendendole interessanti e �suggestive�! Evidentemente la mia scrittura dilettantesca qualche risultato lo ha pur raggiunto, se anche una con la puzza al naso come Lei afferma che quelle vicende (dopo averle frettolosamente leggiucchiate nel mio libro) le sembrano suggestive! Ma la sua cecit� preconcetta si manifesta quando mi concede che �il solo merito� di questo libro sono �i luoghi inquietanti che rivela�: cara Donatella Capizzi quei luoghi, se per caso li visitasse, gli apparirebbero niente affatto �inquietanti�, perch� sono posti tranquilli, banali, sciatti, assolutamente normali. E� il mio libro con la sua scrittura dilettantesca e con la sua trama fondata su �ideuzze� (diminutivo dispregiativo) che le ha fatto percepire quelle valli e quelle contrade come �inquietanti�.
Veniamo dunque al finale del romanzo che Lei liquida con una rapida frasetta velenosa : �il libro si trascina stancamente (…) per terminare in qualche modo quando l�autore ha esaurito le poche idee a sua disposizione.� Sig.ra Capizzi, io, a sentir lei, sono dilettante, pesante, inadeguato, goffo, pedante, stanco ed anche un po� pirla (ho solo una ideuzza e poche idee ): Lei per� ha letto il mio romanzo con un occhio solo e con mezzo emisfero cerebrale spento, perch� il finale � pertinente, originale e suggestivo. Qualche libro lo leggo anch�io e riesco ad intuire se esiste un minimo di qualit� nel compimento di una trama, nella conclusione di una vicenda. Nella �Valle dell�Orco�, a mio modesto (… son pirla) ed interessato (… son l’autore) parere, quella qualit� c��.
Non me ne voglia per la concitazione di questo mio tentativo di contro-stroncatura, ma, come le ho pi� volte ripetuto, io sono un dilettante e non so bene come ci si comporta nella buona societ�. In molti mi hanno consigliato di non risponderle. Mauro Corona mi ha detto: �mai dire mona a un mona, perch� ti fai un nemico�. Ma io preferisco seguire l�esempio di Corona anzich� i suoi consigli. E le chiedo: non le viene mai il dubbio di essere un po�supponente?
Colgo l�occasione per inviarle i miei pi� cordiali saluti,
Umberto Matino
Egregio Signor Matino, ha fatto molto bene a esternare il suo pensiero con questa minuziosa e documentata risposta alla recensione qui pubblicata. Ho apprezzato molto la sua pacatezza e la precisione con cui ha controbattuto. Mi � spiaciuto leggere tra le righe la sofferenza che questo scritto le ha procurato. Personalmente non condivido questo modo di recensire, io i libri che non mi piacciono li chiudo e amen. Anche noi siamo dilettanti, almeno io mi ritengo tale, per� con molta passione. Non mi ritengo all’altezza di cassare qualcuno. Un libro pu� piacere o non piacere, inizialmente questo sito consigliava solo libri che erano piaciuti a chi li aveva letti e io continuo ad attenermi a questo principio. Per me la lettura � un piacere che cerco di condividere e di trasmettere. Spero di avere un giorno l’occasione di conoscerla e di stringerle la mano.
Spero che questa sua risposta invogli parecchie persone a leggere il suo libro per verificare di persona. cordialmente
ambretta sampietro
Con Ambretta ho gi� scambiato alcune opinioni in altri siti. Ammiro la sua tranquillit� e pacatezza nell’esprimere i propri pensieri. Mi pare una bella persona.Per� non condivido l’assunto principale del suo intervento che � poi quello di non recensire i libri che non ci piacciono. Io sono invece per la massima libert� di opinione in ogni senso sempre e soltanto riferita al testo e non alla persona. Qui abbiamo una recensione che � poi una vera e propria stroncatura. Naturalmente si pu� obiettare ed eccepire sul modo e sulla forma in cui � stata presentata ma tanto basta. Abbiamo poi la risposta dell’autore che, finalmente!, non si lascia prendere dalle solite lamentele e il solito piagnisteo sulla fatica del lavoro suo e degli altri che hanno contribuito bla bla bla…ma ribatte puntualmente anche con una certa vis ironica alle critiche che gli sono state mosse.
Donatella pu� rispondere o lasciar perdere. I lettori possono intervenire o astenersi. Perfetto.
L�anno sta finendo e poich� non ho ottenuto risposta alcuna, deduco che la signora Capizzi sia legittimamente in tutt�altre faccende affaccendata. Non la biasimo, e colgo invece l�occasione per ringraziare la Sig.ra Ambretta Sampiero per la sua cordiale solidariet� e per comunicarle che non mi sono particolarmente adombrato (solo un lieve frullare di palle…) per la stroncatura offertami da questa testata quale delizioso cadeau natalizio. Il mio romanzo infatti mi ha gi� dato comunque molte soddisfazioni: ne sono state vendute circa cinquemila copie (provateci voi, col solo passa-parola…) ed ho fatto decine di affollate presentazioni chiamato da Librerie, Biblioteche Civiche, Associazioni culturali, Assessorati comunali, Pro Loco ecc. ecc. Nel pedemonte veneto, e vicentino in particolare, non esiste fattoria, contrada, paese, edicola e tabaccaio (non ci sono librerie… l� si diffonde porta a porta) ove non ne sia stata acquistata e letta almeno una copia del libro. Sono stato chiamato a presentare il romanzo in quattro scuole medie superiori dove intere classi lo avevano adottato come libro di lettura (alla sig.ra Capizzi le si arricceranno le unghie dei piedi!). La prefazione al romanzo � stata scritta dal caro Eraldo Baldini (che forse di gialli/neri se ne intende…), e dopo che il libro � uscito mi ha chiamato pi� volte Mauro Corona per conoscermi e complimentarsi con me (per� non � un giallista e quindi non vale…). Mi ha scritto anche il compianto Mario Rigoni Stern (nemmeno lui � un giallista, ma forse qualcosa vale… ) al quale il libro � piaciuto (!), e ha terminato il suo biglietto di congratulazioni con il gentile augurio �… le sia bella la primavera.� Non male. Le racconto tutto ci�, cordiale signora Sampiero, non per inalberare un patetico medagliere, ma per farle capire che probabilmente il mio romanzo non � esattamente la �ciofeca� descritta nella recensione di MilanoNera. Forse � pi� un libro sui boschi, sulle montagne, sulle distruzioni della guerra, sulla perdita delle tradizioni, della memoria e della lingua, che un �giallo� vero e proprio. Ho scelto la forma del racconto �nero� perch� per la sua implicita crudezza mi sembrava il pi� adatto per narrare un mondo di fatiche, di aspri rapporti umani, di violenze e di sopraffazioni. E credo di avere almeno in parte raggiunto lo scopo perch� quando a Valli del Pasubio (paesino in montagna) ho trovato duecento persone a riempire il teatro parrocchiale, o quando a Marano Vicentino (paesino in pianura) ce ne erano pi� di duecento nell�auditorium della scuola media, o a Padova son venuti in settanta in sala Paladin, cento al Bassanello, trecento alla sala Torresino, ho capito che la scrittura non � solo tecnica (ed io ne ho poca, ma mi applico e chiss� che col tempo…) ma � anche contenuto e narrazione: i miei lettori mi hanno assolto per il dilettantismo letterario e si sono invece riconosciuti ed appassionati alla storia, anzi alle storie, che io ho narrato perch� parlano di loro, della loro vita e della vita dei loro paesi, delle loro contrade, dei loro monti, e non di eleganti, ben scritti, forbiti, fluenti ed arguti miei fatti personali.
La sig.ra Capizzi, non ha colto nulla di tutto ci�, e per un attimo mi ha fatto credere che le strane vicende che io narro, le storie di Ungari e di coloni cimbri, le �conterminazioni� medievali e le trincee della grande guerra fossero state solo un mio abbaglio od un abbaglio di cinquemila lettori: tutti ciechi, solo Lei vede.
Ha visto addirittura Alleghe… e perch� mai? Perch� anche l� ci sono i monti? Anche in Heidi ci sono i monti, e le caprette che fanno ciao. Ha visto una �sperduta val Leogra�, che sarebbe la valle di Schio, cittadina di quarantamila abitanti, distretto industriale di importanza europea, nell�ottocento chiamata �la Manchester d�Italia.� Ma che libro ha visto?
Termino qui e vi saluto, ma ci tenevo raccontare tutto ci� affinch� nell�archivio digitale di MilanoNera restasse la traccia di qualcos�altro assieme al capizziano �sputo in un occhio� che il Sig. Lotti ha curiosamente confuso con la �libert� di opinione.�
Vi invio i miei migliori auguri di Buon Anno.
Umberto Matino
Non ho confuso un bel niente! Sono intervenuto soltanto per dire ad Ambretta che si possono recensire anche libri che non ci piacciono. Poi ognuno � libero di esprimersi come gli pare e l’autore di ribattere come meglio crede. Sempre in relazione al testo, s’intende. E non � detto che io sia sempre d’accordo sul modo usato dall’uno e dall’altro. Mi pare di avere difeso il diritto di entrambi. E mi pare che lei abbia avuto tutto lo spazio necessario per dire la sua. Le stroncature sono sempre esistite (quelle vere e quelle sbagliate) e se chi incomincia a seguire la via della scrittura se la prende troppo sta fresco. La maniera giusta � di ribattere colpo su colpo come ha fatto lei. Nella mia pi� che quarantennale attivit� di divulgatore e “scrittore” (� sempre meglio mettere le virgolette) le ho prese e le ho date senza stare a piangermi addosso.
Non ero in altre faccende affacendata, semplicemente, mi sembrava che al saggio ed avveduto consiglio di Ambretta, leggete il libro e poi commentate, non vi fosse altro da aggiungere.
Certo, sono rimasta impressionata dalle torme di gente adorante che si accalcano per rendere omaggio all’autore, ma non cambio idea.
Il libro spreca una serie di buoni spunti e di materiali interessanti, con una scrittura greve, ridondante e faticosa (basti leggere il brano citato dal medesimo autore poche righe sopra), in un intreccio prevedibile che si srotola malamente.
Del resto vedo che l’autore stesso ammette di difettare tuttora di tecnica, ed anzi si vanta di essere un dilettante. Anche se nutro qualche riserva etica in merito a chi si professa “dilettante” e poi fa pagare per leggere il suo libro.
Comunque sia, io ho scritto cosa penso del libro sotto il profilo della leggibilit�, della scrittura, della struttura narrativa, e della capacit� di avvincere l’attenzione del lettore, tutte doti che reputo essenziali in un giallo. E che qui, a mio avviso, difettano.
Altri lo leggano, dunque e facciano altrettanto, poi proveremo a paragonare i giudizi.
Se poi si ritiene che un giudizio negativo, invece che un’occasione di crescita e stimolo al perfezionamento, sia uno “sputo in un occhio” allora forse si rester� dilettanti per sempre.
Io non sono un’intenditore, non sono uno scrittore, non sono un giornalista, non sono un “addetto ai lavori”. Sono sempicemente uno che quando pu� ama prendere in mano un libro che gli dia emozioni, che non sia pesante, che sia piacevole. Insomma, penso di essere proprio il prototipo del lettore medio. E devo dire, signor Matino, che il suo libro l’ho letto con molto piacere, l’ho trovato avvincente ed emozionante, originale e scorrevole. Io non ho molti termini per definirlo e per catalogarlo. Da “lettore medio” quale sono, posso solo dire che � un gran bel libro! E di quello che dicono “gli esperti” non me ne pu� fregar di meno…!
Quando usc� il “Sergente nella neve” di Mario Rigoni Stern, la critica stroncatrice l’ha definito di scrittura semplice ed elementare e poteva essere solamente opera di uno scrittore occasionale. Solo nell’incipit si era in pieno mestiere letterario! L’importante � arrivare alla coscienza delle persone e risvegliarne i sentimenti anche se inevitabilmente saranno contrastanti. Viene raggiunto lo scopo se si riesce ad aprire il confronto. La valle dell’orco ha colto nel segno e tralasciarne a priori la parte storica vuole dire il rifiuto di scavare il senso della narrazione. Io sono un dilettante della lettura e della ricerca in possesso di una biblioteca non decorativa di cinquemila libri, tanti di storia locale, e posso dire come Mauro Corona di averne letto due Tir. Il pregio del romanzo sono le molteplici letture alle quali si presta e cinquecento anni della nostra storia si inseriscono perfettamente diventando propriet� del lettore.Ero presente a Valli del Pasubio ed era palpabile l’attenzione e la curiosit� della gente oltre al coinvolgimento positivo degli storici locali. Non era una torma di gente adorante l’autore, era un dialogo appassionato fra paesani sulla loro storia, identit�, carattere e sofferenze ataviche. Il noir � stato sfiorato solo marginalmente. Pochi autori riescono a provocare questo ed � l’indicazione che Umberto Matino � sulla strada giusta; il nero � solo uno strumento bene architettato. Una espressione poetica � d’aiuto solo quando ci si riconosce in essa o rivela sensazioni sentite da tanti ma che pochi riescono ad esprimere. Qualcosa che sa di buono rester� della “Valle dell’Orco”, sicuramente nulla rester� delle stronacature vere, o false.
Cordialmente
Massimo Martini
Vicenza
Il libro � scritto male se non malissimo. Pessima prosa per giunta venata qua e l� di un’ironia da spirito di patata per dirla senza tecnicismi o barocchismi. Questo non vuol dire che il libro non abbia una storia piacevole,coinvolgente e anche tenebrosa.Non m’interessano molto i discorsi relativi al contorno etnografico/etnologico ecc(cimbri e dintorni). Non si tratta di un piccolo gioiello letterario (landolfiano) ma neppure di un pessimo libraccio noioso e da buttare.La sufficienza se la merita anche se l’autore dovrebbe prendersi un po’ meno sul serio quando parla (in pubblico e non) del suo lavoro o dopolavoro di scrittore.
Ritorno su questi interventi perch� li ritengo prova lampante della libert� di espressione che deve essere salvaguardata in ogni modo. Da una parte abbiamo una stroncatura di un libro. Dall’altra una difesa ed un controattacco dell’autore. Poi ci sono le valutazioni dei lettori. Ognuno con i mezzi espressivi che ritiene pi� adatti, sempre (importante!) relativi al contesto scritto. Perfetto. Aggiungo, per quello che vale, un mio consiglio ai pi� o meno giovani esordienti di non stare troppo ad almanaccare sopra il giudizio del recensore, sottoscritto compreso, che vale quel che vale (di solito un tubo). Andare avanti, dritti per la propria strada. Contrastando, se si vuole, le critiche ricevute o, come si suol dire pi� popolarmente, cacandole in pieno.
Daniele, non deve essere nato dalle nostre parti, perch� altrimenti avrebbe percepito diversamente il suono della scrittura di Matino. Il libro, pur non avendo una ricercata forma letteraria, non � affatto scritto male, anzi� Chi abita o ha abitato nel nord-est, coglie nelle pagine del romanzo, la parlata, lo humor, lo stile della lingua locale, e vi si immedesima totalmente. Lo �spirito di patata� che Daniele ha riscontrato nella narrazione, �, volenti o nolenti, lo stesso che circola quotidianamente nei nostri bar, nei luoghi di lavoro, nelle strade� ed anzi, a me, �di pirsona pirsonalmente� � stato proprio questo spirito a divertirmi di pi�. L�autore ha saputo ricrearlo con grande verismo. Per me, che sono nato e cresciuto in quei luoghi, � stata infatti una piacevole sorpresa ritrovare nel libro quel tipico e talvolta un po� ottuso articolare dei discorsi.
Mi � piaciuto anche ritrovarmi nei luoghi, descritti alla perfezione, e riconoscere le abitudini di una popolazione considerata forse a torto come sottomessa, timorata di Dio, che lavora sodo e sta sempre zitta. (Gente che un tempo rappresentava il serbatoio di voti della Democrazia Cristiana e che ora � il pascolo della Lega – ma questa � un�altra storia -).
Nessuno prima di Matino aveva saputo narrare, in modo cos� avvincente (il romanzo � un bel thriller) e veritiero (� anche un libro di storia) �chi eravamo�, �come vivevamo� e �cosa siamo diventati�. Il merito del libro � quello di farci riflettere sulla nostra incivilt� per aver sacrificato e distrutto un territorio (e tutto quello che c�era sopra), fra i pi� belli d�Italia, sull�altare dello sviluppo industriale e dell�arricchimento personale. Barbari eravamo e Barbari siamo rimasti: non a caso ci � voluto uno scrittore di origini �foreste� per farci tornare la memoria.
Per questi motivi, i vicentini, danno al libro (diventato ormai un cult locale, venduto ininterrottamente dal 2007) un bel dieci.
Ho sentito parlare del libro da mia figlia (che lavora in centro a Schio) cos� l’ho preso a prestito presso la Biblioteca del mio paese a Valdagno.
Mi � talmente piaciuto che voglio regalarlo a una mia cara amica che fa di cognome Brunelli.
Dopo averlo letto, mio marito ed io siamo andati alla scoperta dei luoghi, delle contrade e della chiesetta di San Carlo, che esiste veramente e ha un panorama mozzafiato.
Probabilmente io sono di parte perch� amo la storia della mia terra, della gente, dei longobardi, dei “cimbri”, delle invasioni degli ungari e ho letto parecchi libri che trattano di questi argomenti, per cui trovare un romanzo, un giallo che racchiude tutto questo mi � parso una cosa bellissima. Per non parlare delle frasi dialettali che ovviamente capisco alla perfezione, della tristezza nel vedere i capannoni occupare prati e campi delle nostre belle valli, che non avrebbero niente da invidiare al trentino se fossimo stati pi� accorti. Per concludere vorrei conoscere l’autore per ringraziarlo di persona, fargli i miei complimenti e incoraggiarlo a scrivere ancora. Alla faccia dei grandi critici!!!
Forse arrivo tardi in questa conversazione, ma vorrei lo stesso dire la mia, per una questione di obiettivit�. Mi ha colpito il tono astioso della recensione e mi ha infastidito il disprezzo che vi traspare. Ora, pur sapendo che Donatella Capizzi usa abitualmente tali maniere, mi verrebbe da chiederle il perch� di tanta malignit�. E� infelice? Oppure vuole dimostrare di essere una critica �con le palle�, una di quelle che non guardano in faccia nessuno? Attraverso le cattive maniere, ha probabilmente trovato un modo per garantirsi una qualche visibilit�. Dico questo, perch� il romanzo qui recensito avr� certamente imperfezioni (nobody’s perfect!), ma non merita un giudizio cos� tranciante e definitivo. La critica della Capizzi non coglie nulla della complessit� della narrazione e si limita a citare a vanvera Saviane, a falsare la natura del linguaggio, a travisare la resa dei dialoghi e a sminuire un finale che � decisamente bello ed inaspettato� A mio giudizio,”La valle dell’orco” � un thriller ben congegnato, con una trama originale e contenuti importanti. E� forse un libro di nicchia, questo s� e pu� essere compreso e pienamente assaporato solo da chi abita o conosce i luoghi descritti. Per costoro � un romanzo incredibilmente plausibile, pi� vero del vero, con una attendibilit� da dipinto iper-realista. Forse sta proprio qui il segreto del suo successo in loco: sa stabilire un legame empatico con il lettore e lo fa immedesimare totalmente nel racconto. E� difficile intuire quanto scrivo se non si conosce il territorio pedemontano.
Non mi � piaciuta neppure l�ironia della Capizzi sulle �schiere adoranti che omaggiano l�autore� e sulla �riserva etica in merito a chi si professa dilettante e poi fa pagare per leggere il suo libro�. Ebbene, io ho assistito ad una presentazione de �La valle dell�orco�, e senza essere adorante, ho apprezzato l�autore che per approfondire i vari temi storici e culturali trattati nel romanzo, si � avvalso anche di libri altrui (ne ha portato con s� una pila, di autori italiani e stranieri), ne ha letto dei brani e ne ha consigliato la lettura. Mi � parso quindi, ora mi rivolgo a Daniele, tutt�altro che pieno di s�: anzi mi � sembrato decisamente pi� interessato ai contenuti della discussione che non alla vendita del proprio libro. Ho anche saputo, dagli organizzatori di quel incontro che questo autore non ha mai chiesto centesimo per tenere le proprie conferenze, nemmeno a titolo di rimborso spese. Le parole del recensore mi sembrano perci� del tutto inappropriate.
Recentemente un editore, intervistato da Repubblica, ha dichiarato che un libro che non vende copie � sempre un libro sbagliato. Ebbene, se ci� fosse vero, �La valle dell�orco� sbagliato non �, visto che da due anni si trova ad essere fra i libri pi� acquistati in molte librerie venete, assieme ai grandi best-sellers.
Per questo motivo il recensore dovrebbe essere pi� riflessivo nella critica ed avere pi� tatto nell�esprimersi, anche per non rischiare di trattare da imbecilli tutti gli estimatori del libro, fra i quali ci sono anch�io.
Gigi
Ho recentemente letto il libro, regalatomi da parenti, quasi tutto d’un fiato. Mi � piaciuto moltissimo, tanto che lo consiglio e lo consiglier� a molti. Non sono ovviamente in grado di giudicare se il libro sia “Scritto in maniera peggio che dilettantesca, senza alcun ritmo, appesantito dalla ridondante duplicazione fra le avventure narrate” come dice la Sig.ra Capizzi, ma io l’ho trovato molto bello e coinvolgente. Ho bisnonni originari di Rotzo, e fin da bambino ho sentito parlare di Cimbri, Anguane, strane storie. Ho sufficientemente visitato l’altopiano e le valli da Lei descritte per trovare nel suo libro, sensazioni, odori, profumi che non provavo da tanti anni. Tanti anni fa ho cercato di approfondire le mie conoscenze sui cos� detti Cimbri e sono consapevole dell’enorme mole di lavoro si sia sobbarcata nella ricerca di storie e documenti da mettere assieme poi logicamente. Ho anche trovato molte analogie con quanto scritto da Mario Rigoni Stern, ma questo, chi vive in citt� grandi magari, non pu� ne’ capirlo ne’ percepirlo. Complimenti ancora e non si curi delle critiche e passi oltre.
Ho trovato il libro fantastico ha descritto perfettamente quanto il benessere abbia imbarbarito noi discendenti dei cimbri che non ricordiamo pi� nulla delle nostre radici. Grazie signor Matino
ho da poco letto la valle dell’orco, e ne ho ricavato l’impressione di un libro suggestivo nell’ambientazione e piuttosto avvincente nella trama. posso essere parzialmente d’accordo con la capizzi, nel ravvisare uno stile di scrittura magari non eccelso. Devo per� riconoscere che l’autore si � onestamente dichiarato uno scrittore “part time”, senza velleit� particolari. Penso che, contrariamente a quanto crede la capizzi, Matino abbia fatto buon uso del materiale etnografico e storico utilizzato per il libro e nel libro (mi � piaciuta molto l’idea di utilizzare la vecchia foto d’epoca che compare anche in copertina, facendola diventare parte integrante della storia). E trovo che il plot del libro non sia affatto cos� tributario dei Misteri di alleghe di Saviane (anche se ringrazio la Capizzi, su suo suggerimento l’ho prontamente comprato e letto…anche se l’ho trovato tutt’altro che ineccepipile sul piano stilistico, ma questa � un’altra storia..); tutt’al pi�, Saviane sar� stato una delle suggestioni del libro, ma non la sola, n� la principale.
Reputo il libro La Valle dell’Orco accattivante.
Non � sicuramente scritto in modo eccelso, ma anche questa caratteristica di scrittura “empirica”, stilisticamente non raffinata a mio avviso si intona perfettamente con la trama, i luoghi montanari la provincia. S� direi che paradossalmente questo stile decisamente dilettantistico conferisce ancora pi� realismo ai personaggi “investigatori altrettanto dilettanti e improvvisati”. Gli ingredienti per catturare l’attenzione poi ci sono tutti: un p� di mistero, leggende secolari, il diario di un assassinato, ecc. Il tutto intrecciato a suggestivi richiami storici che a maggior ragione per chi � vicentino come me, e conosce bene i siti raccontati, aggiunge non poco fascino. Bravo dott. Matino, attendo il secondo.
Premetto che sono di Vicenza, che mio nonno venne in pianura da Asiago, che ho passato anni della mia infanzia a Enego, che la famiglia di mio marito viene da Recoaro e quindi per me � stato meraviglioso leggere questo libro. L’ho comperato pensando ad un saggio sulle valli sopra Schio e pi� in l� nelle terre dei cimbri. Cercavo inoltre storie misteriose radicate nel tempo e in tradizioni pagane che mi parlassero ancora di anguane orchi salbanej e dei misteri meravigliosi delle nostre montagne. Qunado ho scoperto che era un giallo, vista la mia passione per il genere, sono stata doppiamente felice.
Il libro senza assurde pretese � avvincente scorrevole, ricco di informazioni storiche culturali paesaggistiche. Inoltre i ritratti dei personaggi sono scolpiti nitidamente e assomiglianti agli abitanti di quelle valli. L’amore selvaggio per la terra lo riconosco soprattutto in mio marito che da quelle valli proviene e si � trasmesso a mia figlia che se ne sente erede. Un plauso per la descrizione degli ambienti reale ma ammantata di un mistero che si perde nella notte dei tempi.
La finale che come in un buon giallo mi ha sorpresa � azzeccatissima. Utile e interessante il dizionario cimbro.Complimenti. Sono felice di leggere un autore di gialli italiano e della mia terra. Aspetto il secondo romanzo. Marisa
Chi dei miei conoscenti lo ha letto (ormai tutti) mi hanno riferito che non riuscivano a staccare gli occhi dal libro, presi dalla voglia di arrivare in fondo. E questo penso sia gi� un gran bel complimento. E qualcuno lo ha anche riletto, prendendo appunti sui luoghi descritti, con l’obiettivo di andarli a visitare. Ed ecco che una mattina mi sono improvvisato cicerone, sotto i due castagni secolari, al sasso che piange, o sul ponte crollato della valle dell’orco. Il mio � un giudizio di parte, ma complimenti a Umberto Matino, (che ho avuto il piacere di conoscere) per aver messo in un romanzo la mia bellisima contr�.
Critica e critici spesso andrebbero criticati. Fortuna vuole che internet abbia “liberalizzato” il pensiero. Tutti possono esprimere le proprie opinioni, nel bene e nel male. Tolte le considerazioni sullo stile di scrittura che l’autore pu� o vuole adottare resta la cosa importante che un libro, cos� come ad esempio un film oppure un’opera in generis, deve trasmettere: emozione. Qualsiasi cosa che lascia un sentimento (al lettore in questo caso) � meritevole. Questo libro mi ha trasmesso emozioni, questo conta, questo vale, questo importa. Fortuna vuole che ci siano scrittori dilettanti come il buon Umberto perfetti per i lettori dilettanti come il sottoscritto (e presumo gran parte di tutti gli altri). Grazie per questo libro, grazie per aver raccontato di questi posti, grazie per il tempo che ho trascorso nella lettura. Lo consiglio e lo consiglier�.
Ad un “critico”che scrive una recensione e la sbaglia completamente,darei un consiglio..cambia lavoro!Ho acquistato il libro la Valle dell’Orco,l’ho letto in un paio di giorni e l’ho trovato entusiasmante,e originale.Originale il modo di scrivere,un modo semplice,senza usare tanti “Paroloni”che tanto fanno chic,e tanto piacciono ai critici.Bravo Matino,mi auguro che la Valle dell’Orco sia il primo di una lunga serie di libri,cosi’ come mi auguro che il suo modo di scrivere non cambi,si’ lo lasci “sempliciotto”lei non sa quanto questo dia fastidio ai critici!Hanno sempre criticato anche il grande Guareschi,ma lui con 10 parole sapeva far filare un discorso(e farsi capire)quando gli altri(i grandi scrittori Vip)di parole ne dovevano usare 20( e spesso non si facevano capire)La lettura di un libro non dev’essere una palla!