fabio beccacini
frilli , 2010
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Novembre 2009. L’emotivamente disastrato (1) commissario Paludi è di ritorno da un viaggio a Santo Domingo che, purtroppo, si è rivelato meno “rilassante” di quanto avrebbe dovuto.
Incapace di lasciarsi alle spalle i problemi personali, il commissario ha passato 12 giorni ad ubriacarsi solo, sulle spiagge o nei bar. E, a Torino, i criminali non hanno certo atteso il suo rientro, o la soluzione dei suoi problemi personali, per ricominciare a darsi da fare: atterrato all’aeroporto di Caselle, Paludi non viene accolto da uno stuolo di parenti “pentiti” o trepidanti fidanzate, ma da un sottoposto, -il fido ispettore Anastasi- pronto a passargli gli incartamenti riguardanti quello che sembra un misterioso duplice omicidio: due cadaveri senza nome sono appena stati ritrovati nella cantina non accatastata di un lussuoso stabile di Corso Matteotti; una cantina ingombra di acquari pieni zeppi di pesci tropicali morti…
Costruito con stupefacente precisione ambientale -la ricostruzione eccede il semplice particolare geografico (2), per lanciarsi, qua e là, in una riuscita satira di costume legata agli usi locali (3)…-, piacevolmente citazionista (4), e chiaramente debitore della profonda cultura cinematografica dell’autore (5), Sushi sotto la mole, terzo romanzo di Fabio Beccacini, e seconda avventura del ciclo dedicato al “commissario Paludi”, rilegge con tecnica inedita un intreccio da romanzo poliziesco classico in un quasi-giallo che si apre con il reperimento dei cadaveri, e prosegue con indagini, errori, false piste, rivelazioni, depistaggi, agnizioni ecc., e che è fortunatamente privo, per scelta programmatica (in fondo la verità “torinese” bonariamente rilevata dall’autore è proprio quella relativa all’ipocrita frattura tra convenzioni borghesi di facciata e comportamento reale), di tutte le pacificanti distorsioni sociali tradizionalmente legate al genere.
Così, l’autore consegna ai lettori un romanzo che racconta la Torino contemporanea (e non solo) (6), in maniera realistica e prestando la massima cura al dettaglio ambientale, intrattenendo, senza ipocrisia.
E il risultato convince.
(1) Paludi ha un’ex moglie che forse ama ancora, un figlio adolescente che quasi sicuramente non capisce più, e una sensuale fidanzata con la quale rischia di rompere da un momento all’altro.
(2) Da via Montebello al quartiere Vanchiglia, da San Salvario a corso Matteotti e il Valentino, la Torino di Beccacini è frutto di osservazioni quotidiane, precise e attuali.
(3) Beccacini, originario d’Imperia ma Torinese d’adozione, concilia, con gusto e misura, la conoscenza approfondita degli “indigeni” con l’occhio distaccato (e giustamente ironizzante) del “forestiero”.
(4) Da Scerbanenco a Lucentini da James Ellroy a Calvino, dal noir francese anni ’40 a Viale del tramonto, le citazioni utilizzate nel romanzo non sono semplici indici dei gusti dell’autore, ma funzionano come contro-testo (esemplare il caso di Lucentini: attraverso la semplice nominazione, l’autore rievoca quella frattura interno/esterno, verità/convenzione sociale tipica dei salotti torinesi narrata -forse per la prima volta- da Fruttero e Lucentini nel loro La donna della domenica) o contribuiscono a caratterizzare i personaggi.
(5) È vero, oggi, la scrittura di genere tende ad essere destrutturata, e dato che nel cinema, e in particolare in quel non-genere di consumo che è l’action, il montaggio per pezzi brevi si è imposto come modo di narrazione obbligato, l’assunzione del cosiddetto “stile cinematografico”, anche per la facilità di creazione di suspence ed effetti sorpresa (tutti accorgimenti tecnici che l’autore dimostra di aver ben assimilato, servendosi dei classici movimenti parallittici e dei consueti mutamenti di punto di vista, scelte di focalizzazione e tempi verbali), è diventata una mossa comune e piuttosto “facile” per gli autori di polizieschi (così come il rilevare il “carattere cinematografico” della scrittura è diventato un punto saldo ma debole della critica di genere); in questo caso, però, l’influenza cinematografica non si riduce ai dialoghi felicemente sboccati (chiaramente influenzati dal poliziesco post-tarantiniano), e alle citazioni: la qualità visiva delle sequenze (si prenda, per esempio, quella iniziale), porta alla sperimentazione di alcuni inediti effetti “depistanti”, tra i quali spicca un riuscitissimo occultamento della distanza temporale attraverso la descrizione di spazi omogenei o contigui.
(6) Si veda il riemergere, tra le righe, di temi quali il precariato, la pillola abortiva RU486, la tragedia della Thyssenkrupp, il terremoto di Haiti ecc.
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