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La carezza dell’uomo nero MilanoNera web press: Latest post
baldini castoldi dalai
(traduzione : helga rainer)
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Pubblicato in Germania col titolo di Der Kindersammler (Il collezionista di bambini) il romanzo d’esordio di Sabine Thiesler, di cui avevamo pubblicato il prologo, è un bestseller che ha venduto oltre 400mila copie.
L’uomo nero esce dai sogni dei bambini per diventare un incubo reale, ha un volto e un nome, e cammina per le strade della Berlino del 1986 quando incontra la sua giovane vittima.
Il cadavere di Banjamin Wagner viene ritrovato seduto a un tavolo, pettinato e senza un canino, che gli è stato strappato.
Prima di lui era toccato a Daniel, e poi sarà la volta di Florian, vittime dello stesso, macabro rituale.
Otto anni più tardi non la Germania novembrina, ma la Toscana soleggiata fa da teatro a una nuova sparizione, quella di un bambino tedesco in vacanza con i genitori. Sarà la mamma di quest’ultimo, dopo altri dieci anni, a decidere di ritornare nei luoghi della scomparsa per cercare di far luce su quanto accaduto.
Un libro coraggioso, difficile, lacerante, che svicola dalla trama narrativa per ricordare con forza che l’uomo nero esiste, e fa paura.
A Sabine Thiesler va il merito di aver trattato l’argomento con sobrietà e lucidità, senza mai scadere in particolari raccapriccianti.
La incontra per MilanoNera Helga Rainer, che del romanzo è la traduttrice.

Per prima cosa volevo chiederle di presentarsi brevemente ai lettori…
Sono nata e cresciuta a Berlino, ho studiato germanistica, scienze teatrali e arte drammatica, per alcuni anni ho lavorato come attrice e poi ho iniziato a scrivere sceneggiature. Ho scritto molti film, serie per la tv e diverse opere teatrali che sono tutte andate in scena originariamente nel teatro che io e mio marito dirigevamo a Berlino. Alla fine non ne potevamo più della vita di città e dei ritmi caotici del teatro. Avevamo imparato a conoscere e ad amare l’Italia, dove avevamo una casa di vacanza, e così abbiamo deciso di trasferirci qui per sempre. Abbiamo comprato una rovina adagiata su una montagna, l’abbiamo ristrutturata e abbiamo iniziato la nostra vita in Toscana. Mio marito ha smesso di fare il regista, adesso alleva asini ed è felice così.
Io ho cominciato a scrivere romanzi, il mio primo libro La carezza dell’uomo nero, che è ambientato in Toscana. Ha avuto un grande successo in Germania e per me si è realizzato un sogno. Vivere in Italia e poter scrivere quello che voglio.

Come e quando è nata l’idea del romanzo?
Un’amica era andata a frequentare una scuola di lingue a Siena e mi raccontò di una donna che dopo dieci anni era ritornata in Toscana, nel luogo in cui aveva perso suo figlio. Un giorno era semplicemente sparito e non era mai più ricomparso. Non sapeva se era morto o se era ancora vivo e aveva deciso di imparare meglio la lingua per poter parlare con le persone e, forse, scoprire qualcosa di più sulla scomparsa del figlio.
Questo è stato lo stimolo per il mio romanzo. Perché penso che un bambino che scompare sia la cosa peggiore che possa capitare a una persona. L’incertezza che ti tormenta ventiquattr’ore su ventiquattro e non ha mai fine ti fa impazzire. Non puoi essere in lutto, non puoi prendere commiato, c’è solo l’attesa che ti annienta.
Anch’io ho un figlio e nel mio primo romanzo volevo parlare del tema che mi tocca più profondamente.

Un thriller insolito in cui lei rivela fin da subito chi è l’assassino. Come mai questa scelta?
Il classico thriller investigativo (viene trovata una vittima, la polizia indaga, si seguono alcune false piste e ci sono alcuni colpi di scena, ma alla fine viene trovato il colpevole) non mi interessa. Mi annoia perché si arena in superficie e non mi consente di aprire un varco nella psicologia del colpevole.
Nel mio libro si sa fin dalla prima frase che il nostro protagonista è un assassino e il lettore lo accompagna dentro alla sua vita, alle sue azioni e negli abissi della sua anima. E quando il lettore comprende come ragiona l’assassino, quando capisce la struttura dei suoi istinti, la tensione cresce automaticamente perché il lettore teme per ogni persona che incontra e che corrisponde al modello delle sue vittime.
Mi interessa la psicologia dell’assassino e la sofferenza della vittima. Non i problemi della polizia.

Alcune persone, soprattutto donne, sono titubanti all’idea di leggere un romanzo che tratta il tema della violenza sui bambini, sembra un argomento che respinge e suscita angoscia anche se, purtroppo, i giornali sono pieni di queste terribili notizie. Alcune pagine sono un vero pugno nello stomaco, altre commuovono fino alle lacrime. Si soffre quando si scrive di una vicenda come quella del piccolo Benjamin?
Non so se qualcuno abbia mai scritto di cosa prova un bambino quando si trova nei guai. Mamma e papà sono lontani e non possono aiutarlo e il bambino si è fatto abbindolare proprio dall’uomo cattivo da cui è stato messo in guardia sempre e poi sempre. È perduto e comprende che non ci sarà nessuna salvezza miracolosa come nei libri per bambini. Morirà. Cerca di trattare, cerca di venire a patti con Dio – ma non aiuta, l’uomo cattivo lo ucciderà. La nostalgia per i suoi genitori, per la vita, per il futuro, per il Natale che deve ancora arrivare è fortissima – ma il bambino perde e muore privato della speranza.
Credo che finora in letteratura ci si sia semplicemente dimenticati della disperazione che assale l’interiorità del bambino in quanto vittima o non se ne vuole sentir parlare e fa terribilmente male doversela immaginare.
Ero seduta al mio computer e ho pianto mentre ne scrivevo.
Per le mie presentazioni mi sono dovuta esercitare parecchie volte perché scoppiavo in lacrime ogni volta che leggevo quel capitolo ad alta voce – alla fine l’ho tagliato dal mio repertorio.
Ma spero che scuota le persone, che scuota le madri e i padri. L’assassino non porta nessun cappello nero, non indossa nessun mantello nero e non ha un inquietante sfregio sul viso. È l’uomo gentile della porta accanto di cui i genitori hanno addirittura completa fiducia.
Siate diffidenti! Badate ai vostri bambini! Il male è più presente di quanto possiate immaginare!

Lei è riuscita a penetrare nella mente dell’assassino restituendogli anche un cuore, un volto umano dietro le sue azioni. Crede che si possa provare compassione per un uomo come Alfred, soprattutto dopo aver conosciuto il suo passato?
Compassione no. Non lo si può giustificare a causa della sua infanzia, per l’amor del cielo, ma lo si dovrebbe capire. Ci si dovrebbe immaginare perché è diventato così. E si dovrebbe imparare da ciò e diventare più prudenti. Perché se si conosce il pericolo, lo si evita.

Il titolo originale del romanzo, Il collezionista di bambini, è diventato in italiano La carezza dell’uomo nero. Mi fa venire in mente un proverbio che dice: "Quando il diavolo ti accarezza vuole l’anima" e credo che abbia molto a che vedere con Alfred. Cosa ne pensa?
Come ho già detto, se avessi raffigurato l’assassino come un uomo esclusivamente negativo che non sta simpatico a nessuno, non sarebbe servito a nulla. Ho mostrato il diavolo che indossa una maschera incredibilmente carismatica e attraente, un maestro della finzione. In questo senso il suo proverbio corrisponde e coglie perfettamente il personaggio di Alfred. Tutti coloro che sono diventati sue vittime hanno fatto un grande errore: si sono fidati di lui. E la fiducia ai nostri tempi è un bene così grande che non lo si dovrebbe concedere con leggerezza.

Come mai ha scelto la Toscana per ambientare gran parte del romanzo?
Per prima cosa, per quanto profano possa suonare: perché vivo qui e conosco bene la zona. Si può scrivere solo delle cose che si conoscono.
Secondo: è probabile che ne esistano – ma personalmente non conosco un altro luogo dove ci sono case così meravigliosamente isolate, costruite su immensi terreni, e dove il vicino più prossimo abita molto lontano. In un luogo del genere è facile sbarazzarsi di un cadavere. In Germania dove la gente vive quasi esclusivamente in piccole realtà di paese e il tuo vicino abita solo a cinque metri di distanza – dove sei dunque quasi sempre sotto costante osservazione – è di gran lunga più difficile.
Inoltre le case isolate sono per me una vera fonte di ispirazione!
E terzo: perché trovo assolutamente affascinante il contrasto tra paesaggio amabile, che non emana nulla di aspro, e i delitti brutali.
Ci sono omicidi nei romanzi che avvengono in strade buie, in autosili o zone industriali. Oppure in Scozia, in un paesaggio cupo battuto dalla pioggia e dai temporali, o ancora in un’arida isola del Mare del Nord – io ho semplicemente fatto una cosa diversa.

Cosa prova a vedere il suo romanzo pubblicato in Italia?
Trovo meraviglioso che la gente possa leggere una storia ambientata nel proprio Paese. Forse questo può avvicinarli al mio modo di sentire, al modo in cui io o i miei personaggi ci rapportiamo e interpretiamo la loro terra: cosa ci piace o non ci piace, come ci influenza vivere qui, quale effetto ha l’Italia sul nostro comportamento.
Sono orgogliosa e felice che Baldini Castoldi Dalai editore abbia comprato i diritti della Carezza dell’uomo nero perché prima c’era un grosso risentimento in Italia nei confronti del mio libro. La gente non voleva leggere quello che una tedesca aveva scritto dell’Italia. Sono contenta che questo atteggiamento sia superato e spero che anche gli italiani possano divorare questa storia e amarla come i tedeschi.
A questo si aggiunge il fatto che da anni la gente di qui si chiede cosa facciamo io e mio marito, cosa facciamo sulla nostra montagna solitaria, di cosa scrive la signora… e soprattutto di cosa vivono i due tedeschi…
Alcune persone erano molto sospettose. Adesso, per saperlo, basta concedersi un po’ di tempo per leggere e penso che per alcuni sarà motivo di estremo orgoglio sapere che ho ambientato i miei romanzi nella loro patria, nella loro quieta Valdambra.
Tanto più che già i turisti tedeschi arrivano con i miei libri in mano, fanno escursioni e si mettono sulle tracce degli eventi che ho descritto. "Guarda, questo deve essere accaduto proprio qui…"

Per la foto in apertura (c) Christian Thiel
Per la foto in copertina (c) Matthias Tunger /
Verlagsgruppe Random House



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