Supernotes
“Supernotes” di Luigi Carletti è una storia che sferra un sinistro fendente nell’atmosfera internazionale, oggi più che mai dilaniata da attentati e conflitti. Anche recenti fatti di cronaca contrappongono rapimenti ai quali la politica presta grande attenzione e ostaggi che vengono invece abbandonati al loro destino, nel silenzio… Luigi Carletti sembra sostenere che la dimenticanza istituzionale non sia un caso e racconta uno di questi sequestri sottaciuti: quello dell’agente Kasper (“Kasper. Come il fantasmino dei cartoons… Ma lì è scritto con la kappa. E preceduto dalla parola agente”), uno 007 dei ROS che – dopo aver partecipato all’Operazione Sinai (“il più grande sequestro di stupefacenti mai avvenuto in Italia”) – si trasferisce in Cambogia con il socio americano Clancy per occuparsi di una misteriosa indagine (“Le supernotes sono dollari falsi, ma praticamente perfetti”… “Le supernotes pagano l’oppio, l’eroina e molto altro”) sotto la copertura di innocue attività commerciali e filantropiche.
Mentre sta per varcare il confine con la Thailandia, Kasper viene arrestato (“Siete in arresto per reati fiscali”) e trasferito di villaggio in villaggio (“… Lo spostano da un villaggio all’altro… gli hanno portato via tutti i soldi che aveva…”). La famiglia italiana paga inutili riscatti e cerca di sollecitare l’intervento della Farnesina anche attraverso l’operato dell’avvocato Barbara Belli. Di fronte all’incuria e al disinteresse dell’apparato, Kasper tenta la fuga per sottrarsi a torture (“La tecnica del sepolto vivo”), ai supplizi fisici (“Le gabbie di tigre”) e psicologici (“Russian roulette. E noi scommettiamo”), ma rimedia soltanto un ricovero nell’ospedale degli orrori (“Ritalin… lo hanno trasformato in un tossicodipendente”).
Quando reagisce alle prepotenze, viene internato a Prey Sar: “Tutt’intorno, risaie a perdita d’occhio. Durante il regime di Pol Pot era un campo di concentramento. In seguito è stato ristrutturato con i soldi delle Nazioni Unite ed è diventato un centro di rieducazione. Solo un modo diverso di definire ciò che è sempre stato”.
Alla fine Kasper riesce a rimpatriare grazie all’interessamento di Louis Bastien, un diplomatico francese al quale l’agente rivela l’esito della sua sconvolgente missione.
Il romanzo è una spy story, particolarmente indicata agli amanti del genere. Si propone di mostrare – squarciando il velo di Maya della conoscenza – cosa si nasconda sotto gli intrighi internazionali (“Pagare i dittatori era un modo per stabilizzare certe aree del mondo”) che reggono in pericoloso disequilibrio i rapporti di forza tra la potenza americana e i paesi-polveriera dello scacchiere planetario (“I rapporti tra nordcoreani e cambogiani sono stretti… Attraverso la Corea del Nord, i cambogiani fanno i carini con la Cina”).
Il ritmo è serrato, diviene affannoso quando descrive orrori e violenze che ripropongono le peggiori sciagure della storia (“Kapò è il nome che Kasper gli ha dato perché agisce esattamente come i kapò dei lager nazisti”). Sullo sfondo si staglia la Cambogia: un paese decimato dal genocidio operato da Pol Pot, un territorio disseminato di mine antiuomo, un protettorato succube di potenze che scorrazzano tra le miserie indocinesi e soffiano con la virulenza dei monsoni più distruttivi…
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