Premio Europa: intervista doppia a Patrizia Debicke e Bjorn Larsson
Sabato 10 marzo a Pisa per l’edizione numero 9 del Premio Europa si troveranno insieme. Patrizia Debicke (premio alla carriera) e Bjorn Larsson (ospite d’onore) danno lustro a una manifestazione davvero unica nel suo genere, capace di porre al centro dell’attenzione degli appassionati la narrativa noir e gialla firmata esclusivamente da donne grazie soprattutto all’impegno di due associazioni culturali: La Compagnia de Delitto e il Gruppo Internazionale di Lettura.
E così l’occasione di avere a disposizione l’autrice fiorentino-lussemburghese, moderna interprete del romanzo storico tinto di nero (L’Uomo dagli Occhi Glauchi; L’oro dei Medici, tanto per citare i più famosi pubblicati da Corbaccio) e uno dei più celebri scrittori svedesi, filologo nonché docente di letteratura francese all’Università di Lund, (La vera storia del pirata Long John Silver; I poeti morti non scrivono gialli i più gettonati usciti per i tipi di Iperborea) è di quelle d’oro per una chiacchierata sulla letteratura noir e il sempre difficile mestiere di scrittore.
La vostra letteratura si alimenta della suggestione di mondi lontani, nel tempo e spazio. Quanta ricerca c’è nella costruzione materiale della storia e nell’impostazione della vostra scrittura?
Patrizia Debicke: Dedico, ogni volta che parto su una nuova storia, moltissimo tempo (che si traduce in settimane, mesi) alla raccolta del materiale, alla costruzione e all’ambientazione di una trama potenziale. Una buona trama deve avere una cornice plausibile. Il che chiede metodo e pazienza. Ma, allo stesso tempo, comincio anche a dare nome, volto e anima agli attori: protagonisti e comprimari. Quindi cerco di scegliere ciò che mi conviene meglio, magari facendo qualche cambiamento di rotta, rispetto a quello che all’inizio credevo il percorso ideale.
Bjorn Larsson: Dipende dal romanzo. Per L’occhio del male, ad esempio, ho fatto molte ricerche sull’islamismo, sul terrore in Algeria e sul cantiere a Parigi dove ho ambientato il romanzo. Invece per La vera storia del pirata Long John Silver avevo letto tutto o quasi ciò che è stato scritto sulla condizione dei marinai e dei pirati all’inizio del Settecento. Per Il segreto di Inga sono andato a visitare una base militare segreta in Inghilterra e ho anche letto riviste femminili per provare a mettermi nei panni di una donna. Per Il porto dei sogni incrociati od Otto personaggi in cerca avevo più o meno già le conoscenze sufficienti a immaginare trama e personaggi. Però la ricerca deve andare man mano con lo sviluppo del racconto per la semplice ragione che non si prevede all’inizio come andrà a finire la storia, come nella vita per altro. Innanzitutto, le ricerche e i fatti non devono mai avere la priorità sulla trama e sui personaggi immaginari.
Che cosa è per voi veramente il male?
(P.D.) Il fanatismo cieco, l’oscena crudeltà della prevaricazione, l’assoluta e voluta ignoranza degli altri e dei loro diritti.
(B.L.) È ciò che toglie sistematicamente la dignità, la libertà e la speranza a un altro essere umano. Per capire cosa è il male, bisogna leggere Se questo è un uomo di Primo Levi, che io riprendo una volta all’anno per ricordarmelo.
Pensate corrisponda al vero l’affermazione che il noir o il thriller oggi sia il genere letterario meglio capace di raccontare il tempo in cui stiamo vivendo o ritenete che questo sia solo uno slogan che ha portato tanta fortuna ai giallisti moderni?
(P.D.) Fortuna ai giallisti? Probabile. Non so se sia buona cosa, ma a forza di dirlo si sta trasformando davvero in uno slogan scontato. Anche se, con questi tempi che grondano turpitudine, si avrebbe voglia di guardare altrove.
(B.L.) Assolutamente no! Come giurato di due premi letterari, uno in Francia e l’altro in Italia, leggo ogni anni intorno a cinquanta romanzi del mondo intero e posso assicurarvi che ci sono romanzi non-gialli che raccontano molto bene il tempo in cui stiamo vivendo. Lo scopo della letteratura non è per prima di fare la concorrenza al giornalismo o alla storia contemporanea. Il compito principale della letteratura non è, come diceva Baudelaire a proposito di Balzac, di copiare la realtà, ma di inventarla. Il giallo – svedese o no – è diventato una moda è come ogni moda cambierà un giorno o l’altro, sia perché i lettori si stancheranno di leggere sempre la stessa storia, sia perché il mercato si saturerà e gli scrittori dovranno cercare altre ispirazioni.
Svezia e Italia sono tra le nazioni europee che sfornano gialli a ritmo industriale, in grado di imporre bestseller a livello mondiale. Pensate che il grande titolo, il successo planetario sia da traino per l’intero movimento o piuttosto un elemento che frena lo sviluppo libero di questo tipo di letteratura?
(P.D.) Un traino senz’altro, purché non porti a un appiattimento a valanga sui contenuti, trasformandosi in un ostacolo al cambiamento e alla ricerca di nuovi temi.
(B.L.) La domanda mi sembra troppa generale per avere una risposta fondata. Si pubblicano ogni anni soltanto in Europa qualcosa come 50.000 romanzi. Nessuno può pretendere di avere una visione globale rigorosa sullo stato della letteratura di oggi. Non è neanche vero che sono soltanto i gialli a essere dei bestseller, anche Il nome della rosa e Cent’anni di solitudine hanno venduti millioni di copie. Penso che il fatto, ad esempio, che 50 milioni di persone abbiano letto, o almeno comprato, la trilogia`di Stieg Larsson rappresenti una mancanza di curiosità, di spirito d’avventura e di desiderio di scoperta da parte del mercato del libro e dei lettori. Non capisco questo desiderio di tanti di fare come tutti gli altri, di leggere il libro che tutti gli altri leggono, piuttosto che di partire alla scoperta di bravi scrittori e buoni libri che potrebbero offrire al mondo un po’ più di variazione emotiva, intellettuale ed esistenziale.
Suspense, avventura, pirateria, intrighi di palazzo, mistero, abisso esistenziale: il catalogo del buon scrittore di gialli è questo?
(P.D.) Senza tema di smentita ma, a mio vedere, uniti anche a un minimo di sentimenti e di buon senso.
(B.L.) Piuttosto del romanzo d’avventura, se c’è bisogno di mettere etichette. Ad esempio, La Certosa di Parma di Stendhal o Il Visconte di Bragelonne di Dumas contengono tutti questi elementi senza per niente essere gialli.
Come si costruisce un giallo?
(P.D.) Be’ sediamoci e, se abbiamo un’ora a disposizione, parliamone… A parte gli scherzi in due secondi i punti più essenziali: incipit, trama, personaggi e, molto importante, il finale.
(B.L.) A dire la verità, non lo so. Leggo pochi gialli e non sono un giallista. Bisogna ricordare che I poeti morti non scrivono gialli è soltanto “una specie di giallo” che rompe la convenzione del giallo tradizionale, ho sempre provato a mescolare i generi per i bisogni del tema trattato. Per me, la forma o il genere non devono avere la priorità sulla storia o sul tema profondo di un romanzo. Anzi, se dovessimo trovare un messaggio letterario nei Poeti morti non scrivono gialli, sarebbe che non abbiamo bisogno di etichette di genere.
I vostri romanzi toccano il Potere. Che sia istituzionale o il vertice di un mondo professionale. Pensate che oggi il noir possa ancora far paura al Potere?
(P.D.) No. Spesso il Potere è talmente nero di suo che neppure lo riconosce.
(B.L.) I miei romanzi non sempre toccano il Potere. Il porto dei sogni incrociati, ad esempio, non ne parla e così Otto personaggi in cerca. Non racconto mai storie sulla politica del momento o sull’attualità, non è compito della letteratura farlo poiché la letteratura deve scavare più profondamente nella esistenza. Però penso che la letteratura, almeno quella di qualità, faccia sempre paura al potere dispotico, sia religioso sia politico. Non a caso tutte le dittature hanno praticato una censura severa verso la letteratura d’immaginazione. In effetti, la letteratura dice in fondo che le cose, inclusa la società, possono cambiare, che una dittatura di partito come la cinese o di clan come la siriana non esistono per necessità e per l’eternità. Non a caso Pinochet mise al bando il Don Chisciotte. Pinochet sapeva bene che ogni Don Quijote rappresentava una minaccia al suo potere, fondato sulla menzogna e la repressione. La letteratura, tramite l’immaginazione, è o dovrebbe essere un esercizio di libertà. Direi che più c’è libertà in una società, meno esplosiva sarà la letteratura, e più forti saranno repressione e oppressione in una società, più la letteratura rappresenterà una minaccia per il Potere.
Avete mai percepito il noir come motore ideologico?
(P.D.) No o, al massimo, come qualunque tipo di scrittura.
(B.L.) No. Però come uno specchio deformante della società, sì. Non so quante volte ho dovuto spiegare all’estero che le Svezia non è diventato questi ultimi anni un centro della criminalità organizzata e violenta, come raccontano i gialli svedesi. Il problema è che il giallo svedese si prende troppo sul serio, facendo credere ai lettori che dia un ritratto fedele della società svedese. Più generalmente, il giallo diventa uno specchio deformante nel senso che vede sempre il mondo e la nostra vita tramite il filtro della criminalità. Nell’esistenza c’è molto di più, l’amore, l’avventura, la morte. È come se il giallo, purtroppo, riempisse il giornale intero dalle pagine di cronaca. Anche questo sarebbe una deformazione della realtà.
Quale autore più di altri ha fatto da guida al vostro diventar scrittori e al vostro mondo letterario?
(P.D.) Ken Follett.
(B.L.) Da guida, nessuno, di fonte d’ispirazione, tanti. Posso citare il premio Nobel svedese Harry Martinson per il suo nomadismo intellettuale e la sua poetica, Ernest Hemingway per il suo stile, Honoré de Balzac per la sua visione globale del mondo e per la sua forza d’immaginazione, Lev Tolstoj per la sua comprensione della natura umana, Kurt Vonnegut per la sua ironia devastante, Robert Louis Stevenson per avere dato il libro forse più affascinante di tutti, L’isola del tesoro. Però anche Maurice Leblanc con Arsène Lupin, Alexandre Dumas con i I tre moschettieri e Il Conte di Montecristo, Jules Verne per Il viaggio al centro della terra, autori e libri che sono un po’ disprezzati dalla critica seria, ma che hanno fatto la cosa più difficile di tutta la creazione letteraria, cioè creare personaggi mitici che fanno parte della coscienza collettiva di tutti.
Complimenti alla Debicche!