La piramide di fango
Amo Montalbano da sempre, li ho letti tutti e certo non potevo farmi scappare questo, devo dire però che la lettura non è stata all’altezza dei precedenti.
Montalbano pare iniziare a segnare il passo e io con lui. E’ un Montalbano dichiaratamente sottotono, preoccupato per Livia che pare non riprendersi dalla morte del figlioccio, e alle prese con una storia di mafia e appalti, la piramide di fango del titolo nella quale si ritrova a dover affondare le mani. Mancano in questo libro i guizzi ironici e d’ingegno ai quali ci eravamo abituati. Il copione procede su binari noti e consolidati .I comprimari ormai sono stereotipati, nemmeno l’amato Catarella è riuscito a strapparmi un sorriso. Prevedibili ormai tutti i suoi strafalcioni, alcuni decisamente banali.Montalbano sta invecchiando, ammaina le vele e fa rotta verso un porto sicuro, non per nulla sente la mancanza dei bisticci telefonici con Livia. Non so se sia un invecchiamento voluto del personaggio, in vista di un finale, o se invece sia stanchezza dell’autore che non riesce più a dare vivacità e brio a un personaggio ormai decisamente molto sfruttato. Anche il dialetto mi ha dato questa volta qualche problema: più usato che nei precedenti e a mio parere meno immediatamente comprensibile.
La trama non brilla per originalità e qui aggiungerei un purtroppo, perché di mafia e appalti ne leggiamo ogni singolo giorno sui giornali, quindi , e qui sta il purtroppo, risulta tutto già sentito e persino abusato. Peccato.
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