Numero Zero
L’eco di Eco
Eco si fa eco da solo in questo romanzo lungo centoquarantaquattro pagine. Il motivo è presto spiegato.
Pur lasciando da parte l’erudizione barocca di cui fa sfoggio nelle opere precedenti, Eco regala ai lettori una scrittura nervosa, uno stile quasi minimalista, degli anni che portarono all’inchiesta Mani Pulite nel `92, anno in cui si svolge il romanzo.
Al protagonista viene commissionato di scrivere un libro sui retroscena di un giornale, “Numero Zero” che non vedrà mai la luce. E poi la vicenda s’innesta. Decolla. Con lo stile, denso di figure retoriche e di slanci stilistici che rendono unica la scrittura del più grande semiologo nel panorama nazionale. L’impianto è quello di un noir, ma con finestre e parentesi che si aprono ai precedenti romanzi.
Come l’ossessione per l’esegesi del complotto, che si configura, nello specifico con rimandi al Pendolo di Foucault. La visita a un ossario
riporta al Cimitero di Praga, luogo in cui la falsità è la chiave di volta come nello pseudo- giornale in cui lavora il protagonista e si arriva perfino a nominare un erborista, richiamando Il Nome della Rosa. Tra misteri irrisolti e verità sepolte, rimandi storici e ricostruzioni visionarie, Eco ripercorre la morte di Mussolini dandole un epilogo surreale e si confronta perfino con una storia d’amore.
Novità a cui non ci aveva abituati. Lei è Maia, un delicato personaggio dai tratti autistici e dal pensiero veloce, di cui non ci si può non innamorare.
Ergo, se Eco si fa eco da solo, per questa volta sarà perdonato. Ma questo libro, non chiamatelo “Numero Zero”.
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