La perversa giovinezza di Rodrigo Borgia
Le Martignoni, fatevelo dire da me che le conosco bene, sanno tutto dei Borgia & Company.
A parte gli scherzi, sanno raccontarli bene senza eccessivi fronzoli di lode o pacchiana maldicenza maleducata come troppo spesso e fuori luogo si è fatto di loro.
Furono con orgoglio uomini e donne del loro tempo, con educazione, idee, senso della morale completamente diversi, ambiziosi affascinati dal potere, pregni di quell’etica cinquecentesca che tanto pasticciò politicamente ma anche tanto dette ai posteri in cultura e opere d’arte.
Il Rodrigo Borgia delle Martignoni, che parla di sé in prima persona, quasi una confessione per ricostruire i suoi trascorsi giovanili con un diario di più di vent’anni è un personaggio reale di carne: «aitante, fascinoso e perverso» come recita la loro sinossi: «un irresistibile incantatore al quale le donne non sanno resistere, stregate dagli sguardi dei suoi vellutati occhi neri».
Io, da cattiva quale sono, mi permetto di dissentire. Forse da giovane o comunque la ritrattistica dell’epoca non ha certo saputo rendergli il giusto merito. Chissà perché continuo a immaginarmelo grassottello e viscidetto, ma non faccio testo. Certo, Jeremy Irons che l’interpreta nei Borgia è tutta un’altra cosa.
Comunque Rodrigo visse un’adolescenza campagnola a Jativa e una giovinezza sfrenata. Dopo la chiamata a Roma, come nipote, dal cardinale Alonso de Borja, nome presto italianizzato in Borgia da tutta la famiglia, resse bene all’impatto con la grande e decadente città erede dell’impero, con le sue genti e i suoi favori, fece studi di diritto a Bologna e infine, dopo l’elezione dello zio a papa con il nome di Callisto III, fu nominato cardinale e, ben presto, vice cancelliere della curia.
Alla morte dello zio, la disgrazia e una sofferta ma vittoriosa rimonta. Il successivo conclave, le “orge” senesi durante il breve pontificato di Pio II, al secolo Enea Silvio Piccolomini che, dimenticando i suoi sfrenati anni scozzesi, scrisse a lui e al suo compagno di “vizi”, il cardinale Guillaume d’Estonville, un biglietto di biasimo. Seguirono il pontificato di Paolo II, il veneziano Barbo e quello di Sisto IV, il savonese Della Rovere…
Poi il fatale incontro con Vannozza Cattanei che diverrà la madre di quattro suoi figli.
E qui, sempre per bocca di Rodrigo Borgia, le sorelle Martignoni ci lasciano. Che succederà dopo?
Ma il quattrocento e il cinquecento sono secoli di assoluta licenziosità in tutte le corti e a tutti i livelli sociali, anche tra le persone più semplici, salvo rare ed encomiabili eccezioni. Ho sempre pensato che l’incredibile e irraggiungibile virtù della confessione sia di rimettere ogni “malizia”. E allora la sessualità più sfrenata toccava spesso anche le vette più alte della chiesa. I cardinali erano dei potenti, il nepotismo un modo per favorire figli e nipoti, ma anche un modo per circondarsi di gente fidata a cui potersi appoggiare in caso di bisogno. Si saliva ai vertici e si ritornava nel fango a vertiginosa velocità, se non si poteva contare su appoggi ultrasicuri. Così fu per Rodrigo Borgia, per i suoi predecessori e per i suoi successori.
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