Intervista a Giulio Massobrio
Una storia che nasce su di una grande nave e che si dipana per le strade di Genova, Trieste e Roma per poi tornare ancora a bordo “formando un cerchio, la figura perfetta”. La nave è il grande transatlantico Rex “una metafora,un sogno”, l’anno è il 1938 e un’antica pergamena diventa l’oggetto del desiderio di Nancy Colby giovane archeologa americana e dei nazisti. Il percorso segnato dall’antica mappa diventa l’obiettivo dell’agente segreto Hans Keller che recupera la pergamena non sapendo che si tratta solo di una copia. Previdente e astuta l’archeologa aveva ben nascosto sul Rex l’originale e nel 1944, scoperto l’inganno, si scatena una caccia alla pergamena e cominciano le strategie di Keller e del suo antagonista Martin Davies agente degli alleati. Non è semplice racchiudere in poche righe la trama di “Rex” (Bompiani, pagg. 538, euro 19,00) bellissimo feuilleton poliziesco di Giulio Massobrio. Azione, storia, arte e tanta tradizione popolare infarciscono un plot ricco di colpi di scena e di personaggi veri e verosimili che l’autore racconta inserendoli in un periodo storico difficile e complesso.
Dopo due romanzi col commissario Piazzi, quando nasce l’idea o l’esigenza di scrivere Rex?
Subito dopo l’uscita della Eredità dei Santi un amico che lavora per una importante casa editrice lamentò la mancanza, nella letteratura italiana contemporanea, di un vero feuilleton. L’idea di scriverne uno maturò velocemente: perché non provare? Certo che raccontare l’Italia, così multiforme e difficile da riassumere in stereotipi non sembrava una cosa facile. Ci volevano ingredienti accuratamente studiati: un periodo storico che si prestasse a fare da sfondo alla vicenda, una vicenda possibile e allo stesso tempo avventurosa, dei personaggi adatti e un mito che riassumesse un’epoca intera della nostra Storia. La scelta del periodo fu facile: da sempre volevo raccontare una storia ambientata durante la guerra del 1940-45 e tutto il resto venne di conseguenza. Non facile, ma molto divertente da scrivere, con i capitoli sospesi, gli improvvisi cambi di scena, le certezze trasformate in insicurezze e così via.
Verità storica e finzione. Com’è stato il tuo lavoro di ricerca e miscelare fantasia e realtà?
Lo studio e il racconto della storia sono state le mie attività principali per tutta la vita. Sapevo come fare ricerca, andando per archivi e biblioteche, intervistando persone e visitando luoghi reali e come muovermi nella Rete. E così, con Daniela, abbiamo fatto. L’esperienza è stata come sempre straordinaria: abbiamo conosciuto persone e vissuto nei luoghi che sarebbero stati poi raccontati nel libro. E poi c’erano dei punti fermi. Prima di tutto che ogni racconto è un mix di realtà e di immaginazione fantastica: la realtà è rappresentazione e la fantasia aiuta a capirne i meccanismi. Questo attiene al fare storia: comprendere i meccanismi e raccontarli a chi è disposto ad ascoltare. L’altro è la necessità di immergersi nel tempo e nelle situazioni che si narrano. Lo storico, come chi scrive romanzi storici, deve vivere nel tempo che racconta, immedesimarsi nelle situazioni e nella cultura di quel tempo, ignaro di come la vicenda andrà a finire. Chi vive una situazione non può essere certo di come si evolverà. Lo stesso deve essere per i lettori. Per questo Rex è scritto al presente, come se ognuno di loro si trovasse nel pieno del dramma. Così diventa co-protagonista della storia finendo per condividere angosce, paure, amori e speranze.
Le città. I tanti volti di Genova, le contraddizioni di Trieste, lo sfacelo di Roma, le città nel romanzo diventano le protagoniste?
Sì. Martin e gli altri personaggi sono come Virgilio che accompagna Dante alla scoperta di un mondo misterioso e stupefacente. Come lo è l’Italia del 1944 per chi legga la storia di quei giorni. Le città sono il contesto, le grandi scenografie nelle quali si muovono i personaggi e i lettori. Il gioco sta nel rovesciare i ruoli. Le scenografie diventano le vere protagoniste che condizionano e talvolta determinano la vita e le azioni dei personaggi.
Martin, agente segreto per fascino e capacità ricorda 007. Ti sei ispirato a un personaggio reale?
Martin è tutti gli agenti del SOE che hanno operato in Italia dal 1943 al 1945. In lui ci sono tutti, da Max Salvadori agli uomini paracadutati sulle nostre montagne per dare una mano ai partigiani, con la loro incredibile gioia di vivere e il gusto per la lotta individuale contro un nemico terribile e spietato. In questo senso rassomiglia a 007 che, non per caso, è stato creato dalla penna di un uomo che ha fatto parte, durante la Seconda guerra mondiale, del mondo dei servizi segreti inglesi.
Piazzi poliziotto ed ex partigiamo, lo ritroviamo con le sue caratteristiche in qualche personaggio di REX?
Pochi se ne sono accorti, ma Piazzi partecipa personalmente alla vicenda di Rex. Anche se non citato per nome, è riconoscibile in un momento preciso della storia, un po’ come Hitchcock che faceva rapide comparsate nei suoi film. Ma non solo. Anche quando non compare è comunque presente: è la voce razionale, quella che partecipa emotivamente alla storia, immedesimandosi anche nel male che incontra, cercando in ogni modo di mantenere le distanze, di non farsi travolgere dalle interpretazioni più facili e scontate.