Il male relativo
Il Male relativo è un’esperienza in e-book virata al noir che ha avuto buona accoglienza di pubblico per Stefano Caso, capo ufficio stampa della Provincia di Gorizia. dopo: D’amore si muore, Rusconi e Le cento grandi congiure, I cento grandi santi e Le cento grandi divinità per Hobby&Work. Riporto d’obbligo le frasi di presentazione del personaggio: Tito Ghisolfi si chiama in realtà Gianmaria, un nome “troppo da checca” per uno come lui, cinico rapinatore, spacciatore e strozzino. Ex maestro elementare, Tito è stato certificato come disturbato mentale per i maltrattamenti inflitti vent’anni fa ai suoi scolari. Un fallito della vita? Forse, o piuttosto qualcuno che vivacchia alla sua brutta maniera, cercando di tenersi fuori dai grossi giri della criminalità organizzata. Un metro e ottanta, quasi novanta chili, cinquantasei anni ben portati, Ghisolfi ha per – fedele nell’animo ma infedele nel corpo – compagna “la Tati”, un donnino rifinito, una prostituta sieropositiva per tossici, squattrinati o per sciocchi danarosi in cerca di emozioni forti, e come socio di malefatte: furti, droga… – mai roba troppo grossa – Renato Felzi, detto “René”, un omarino tanto brutto che fa paura, piccolo, mingherlino, con i denti marci e, quasi a compensazione, un naso spropositato. Più giovane di Tito, ma di poco, René ci sa fare con i sistemi d’allarme e di sicurezza. Due accorti “artigiani” del crimine ma che, con una rapina in villa fanno un passo sbagliato, e scatenano la furia di una pericolosa banda di rumeni, zingari dell’est ai quali la polizia vuole appiccicare le loro colpe. Tito verrà pestato a sangue e ricuperato dolorante per strada da Renè… Che fare? Ma qualcos’altro si mette di traverso alla loro tranquilla vita di artigiani del malaffare. Un qualcosa di terribile, che li costringerà a prendere la fuga, il largo dalla malavita dell’Est, inseguiti dalla polizia e accusati di una catena di omicidi che non hanno mai commesso. Non basta: i due compari, Tito e René, dovranno anche scoprire chi è mai il misterioso nemico che li vuole far fuori fra le più atroci sofferenze. Un nemico che viene dal passato? Tra prostitute a fine corsa, disperati tossicomani ed extracomunitari ferocemente derubati, e tra irreprensibili studenti pusher, delinquenti decaduti e procaci, ma terribili signore cocainomani, le tribolazioni di Tito Ghisolfi ci descrivono una caduta a picco nei recessi più neri e martoriati dell’animo umano, con il tragico e l’assurdo che si mischiano e come risultato un drammatico grottesco alla Grandguignol. Niente eroi, ma squallidi antieroi che riescono anche a coinvolgere e per i quali si finisce con il fare il tifo. Ma la sciatteria e l’incommensurabile volgarità del male si toccano e si confondono con aspetti di vite più raffinate, ma non per questo meno sordide e negative. Poca consolazione finale. Belle le illustrazioni.
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