Faccia a faccia con Ilaria Tuti
Ilaria Tuti, vincitrice del premio Gran Giallo Città di Cattolica 2014” è un’artista versatile: autrice, illustratrice, animatrice di forum Abaluth. Ho avuto modo di apprezzarne le doti artistiche in diverse occasioni, ma sono soprattutto le sue qualità umane ad avermi colpito… qualità che emergono anche in questa intervista.
Quali sono state le tue sensazioni quando hai appreso della vittoria?
Ho appreso della vittoria in dodici passi: quelli necessari alla giuria per chiamare i dodici nomi dei finalisti, dal dodicesimo al primo. La mia unica speranza era non essere la prima a dover salire sul palco, perché non avrei saputo che cosa fare. Il titolo del mio racconto, però, non veniva mai pronunciato e non riuscivo a capacitarmene. A metà lista ho pensato: ho già raggiunto un traguardo insperato, non posso chiedere altro. Invece… I tre finalisti sono stati annunciati in modo diverso: la straordinaria Marinella Manicardi ha recitato l’incipit di ogni racconto premiato, dal terzo al primo. Non trovo ancora le parole per spiegare quello che ho provato. Sentivo la sua voce interpretare le mie parole, che lette da lei, con il cuore, mi apparivano bellissime, e tutto quello che riuscivo a pensare era “non può essere vero”. Ora, quando ci penso sento gli occhi pizzicare. Provo una profonda gratitudine.
Potresti alimentare con due parole la curiosità di chi leggerà “La bambina pagana”, il racconto vincitore dell’edizione 2014 del concorso?
Il racconto inizia con il ritrovamento di una mummia, adagiata sul sagrato del Duomo di Venzone, paese antichissimo conosciuto proprio per le mummie che vi sono state ritrovate (anche Napoleone volle vederle, nel 1807). È il corpo di una bambina scomparsa sessant’anni prima, nel bosco. Qualcuno ha intrecciato dei fiori freschi tra i suoi capelli…
A beneficio di chi ancora non ti conosce, potresti presentare Ilaria Tuti: come artista, come donna…
Sono silenziosa, riflessiva, chi mi conosce bene ormai ha gettato le armi e sa che non c’è verso di farmi fare la chiacchierona. Amo gli animali, il buon cibo, dipingere e inventare storie da raccontare. Sono disordinatissima. Dormirei venti ore al giorno, se potessi, ma me ne concedo sei, altrimenti non riuscirei mai a fare tutto quello che mi piace. Sogno di vivere in una casetta di pietra in collina, vista mare, ma per il momento mi accontenterei di riuscire ad avere una scrivania tutta mia dove creare le mie storie (ora lo faccio seduta in poltrona, con il pc bollente sulle ginocchia, perché non c’è spazio).
Leggendo le tue note biografiche, ho appreso che sei di Gemona. Conosco il Friuli per avervi passato un anno durante il servizio militare, e Gemona evoca il ricordo del terribile terremoto. Qual è il legame con la tua terra di origine?
È un legame sempre più forte, che ho recuperato con la maturità. Quando sei una ragazzina, un paesino di provincia ti sta stretto, ti appare svilente, non lo apprezzi. Nei miei primi approcci con la scrittura, infatti, cercavo di evadere con la fantasia dal mio contesto, rifuggivo la mia terra perché mi annoiava. Solo ora capisco quanto è prezioso il legame che mi lega a lei, la guardo con occhi diversi, curiosi e pieni di ammirazione. Offre una natura di una bellezza prorompente, una storia millenaria che ti fa sentire parte di un’umanità che ha fatto cose straordinarie e prodotto tesori artistici invidiabili. Ora mi interesso al suo passato, mi informo, studio e rimango stupita di quanti particolari si ignorano sulla propria terra e che sono spunti per scrivere storie appassionanti. Hai citato il terremoto del 1976: io avevo dieci giorni, ma quel sisma noi friulani lo abbiamo tutti nel cuore, cresciamo ascoltando i racconti di chi c’era. È stato una tragedia, che per un attimo ha messo in ginocchio un popolo che però ha saputo subito rialzarsi e ricostruire quanto distrutto, in molti casi interi paesi. Ne parlo anche ne La bambina pagana, a proposito della ricostruzione dei borghi antichi e delle chiese, avvenuta per anastilosi: ogni pietra numerata per ricomporre gli edifici, con dolorosa pazienza, pezzo dopo pezzo, quando ancora si contavano i morti, da donne e uomini che resteranno anonimi, ma che hanno molto da insegnare a proposito della forza d’animo, del sacrificio e dell’amore per la propria terra.
Quali sono i tuoi programmi artistici futuri?
Ci sono almeno cinque storie che vorrei scrivere e tutte mi bussano in testa con insolenza per avere priorità. Vedremo quale l’avrà vinta!
A chi dedichi questo tuo successo?
A tutti i bambini che come Anna sono stati afferrati da una mano adulta che li ha schiacciati. Agli adulti, affinché vigilino sempre sui bambini, tutti, anche quelli non loro.