Faccia a faccia con Corrado De Rosa
È l’estate del 1982 e “tutto tace. La nazionale italiana di calcio corre verso il tetto del mondo in Spagna” e il cadavere senza testa del criminologoAldo Semerari è stato rinvenuto il primo aprile. Il principale indiziato è il latitante Umberto Ammaturo. Qual è la verità sul caso Semerari “personaggio trasversale che tiene insieme i misteri del paese per il solo fatto di esserci stato”? Troppe coincidenze, troppi nomi e troppi misteri ruotano intorno alla morte del criminologo “medico di nobili e serial killer, perito e consulente di aristocratici e barboni, comparsa in trame torbide e primadonna in altrettanti misteri d’Italia”. Nel saggio “La mente nera” (Sperling & Kupfer, pag 291, euro 17,00), Corrado De Rosa, psichiatra e scrittore, ricostruisce la vita di Semerari fino all’epilogo, quando il boss Ammaturo decide di confessare e diventare collaboratore di giustizia “e a Napoli e dintorni è il panico” ma continuano ad essere troppe le contraddizioni e i dettagli oscuri e la storia di Aldo Semerari “crocevia di trattative incofessabili tra mafia, Stato e poteri deviati” resta con un finale aperto.
Corrado, “La mente nera” è po’ biografia, un po’ saggio, nel libro fai l’analisi psicologica della personalità di Semerari. Come definisci il tuo libro?
Ora che mi ci fai riflettere, un libro troppo saggio per essere una biografia e troppo biografia per essere un saggio. Facciamo così: un saggio con qualche velleità poliziottesca, ok?
Tanti gli aggettivi e i sostantivi accostati a Semerari. Se dovessi sceglierne uno quale sceglieresti?
Inquietante, senza dubbio.
Le parti in corsivo raccontano il Semerari psichiatra all’Università e in manicomio criminale. È quello il Semerari che preferisci?
Direi che preferisco quello universitario, un docente eclettico e molto colto, un innovatore. In sintesi, un cattivo maestro. Anche se tra il mio lavoro e il suo c’è la stessa differenza che passa tra un fabbro e un mosaicista bizantino.
Nel libro sei una sorta di detective e indaghi nella vita e nella mente di un uomo implicato in vari misteri d’Italia. Oltre al movente del boss killer cos’altro non ti ha convinto?
Forse il fatto che su ogni vicenda oscura in cui il professore è stato coinvolto quando era in vita, si é sempre costruita una sorta di corsa alla banalizzazione dei fatti. Nella sua agenda c’erano nomi di eversori neri? Erano omonimie. Nel periodo tra la strage di Ustica e quella di Bologna qualcuno diceva che Semerari aveva fatto un viaggio in Libia alla corte di Gheddafi? Era una scusa usata con la segretaria per non essere asfissiato dalle sue richieste di attenzione. É un meccanismo che si ripete con puntualità sospetta.
Racconti uno spaccato della vita Italiana. Com’ è stato il tuo metodo di ricerca?
Ho scelto di trattare tutti i protagonisti di questa storia, verissima, come se fossero morti per evitare di essere a mia volta depistato o fuorviato. E sono partito da uno studio approfondito delle carte giudiziarie e dei lavori scientifici di Semerari.
Avvocati, politici, medici, criminali, collaboratori. Tanti i personaggi spesso scomodi che compaiono nel libro. Non è solo quella di Semerari una mente nera?
No, hai ragione. Semerari era uno dei tanti che in quegli anni cuciva rapporti di potere ambigui. E la sua é una delle tante storie ancora da chiarire fino in fondo.
Vita privata, vita pubblica e vita oscura. C’è un episodio vissuto da Semerari che più ti ha incuriosito?
Direi la sua presenza, come un’ombra, nei misteri legati a Pier Paolo Pasolini e ad Aldo Moro. Perché sono solo apparentemente distanti dal mondo in cui si muoveva.
Anche la morte di Semerari genera strane coincidenze?
Troppe. E tutte tenute in piedi da un filo sottilissimo. A partire dalla simbologia utilizzata dai boss in occasione del suo omicidio.
Stai presentando il libro in un tour promozionale. Quali le domande più frequenti o le curiosità dei tuoi lettori?
Qualcuno mi ha chiesto come é possibile che un personaggio così torbido potesse essere anche un luminare accademico. Naturalmente le due cose non sono mutuamente esclusive.
Altri mi hanno chiesto com’é possibile non considerare pazzi i criminali efferati, i killer di mafia e molti altri personaggi che spuntano nel libro. Il punto é che, per quanto aberranti e drammatici, i comportamenti che ho raccontato ritirano nel novero delle possibilità umane. Non tutto quello che non è immediatamente comprensibile può essere archiviato nel grande capitolo della follia.