I cospiratori del Baklava
Istanbul. Fine estate 1842. L’aitante bruno eunuco Yashim, cuoco investigatore e uomo di fiducia alla corte di Topkapi della “valide” (la madre del Sultano), va a Pera dall’amico Stanislaw Palewski, ambasciatore polacco; vi trova tre giovani (quasi) italiani, complottardi per patria e rivoluzione, accanto alla splendida danese Birgit, capelli biondi e occhi azzurri. La stessa ex Polonia non se la passa bene nel consesso internazionale delle nazioni e nobili esuli cercano agganci con l’Impero Ottomano. Altri ambigui personaggi si aggirano per i quartieri della capitale e per le acque del Bosforo, incombono trame tradimenti attentati, accade che Yashim si distrae per amore. E’ arrivata anche Natasha Borisova, graziosa russa 21enne che vuol far intercedere il Sultano per ottenere la grazia al padre decabrista confinato in Siberia da oltre un decennio: nasce una reciproca fatale febbrile attrazione, il sesso non è impedito. Moriranno in molti prima di avere la mente sgombra e capirci qualcosa.
Siamo al discreto quinto giallo (in otto anni) della puntuale documentata serie storica del 51enne britannico Jason Goodwin, in terza persona varia al passato. L’autore ha studiato storia bizantina a Cambridge. La protagonista è la metropoli cosmopolita, rifugio di santi e peccatori da regimi illiberali, mosaico di religioni e culture, in tutto il suo lento pullulare di splendori e mercati. Già allora c’era un “comitato” che sosteneva despoti e imperatori, sorvegliava “gli affari europei come un falco”, stroncava “il minimo cambiamento o la minima ribellione”. I personaggi sono plausibili, le relazioni un poco scontate. Il titolo richiama le tante spie presenti e lo zuccherosissimo tipico dolcetto di pasta sfoglia (al pistacchio il più famoso). Un principe declama il Purgatorio di Dante. Il romanzo è godibile e interessante, seppur un poco “stanco”.